La notte del 9 settembre 2025, la Comunità Energetica Rinnovabile (CER) “Valle del Coghinas”, in provincia di Sassari, è stata colpita da un attentato di natura dolosa che ha distrutto circa
5.000 pannelli fotovoltaici. L’impianto, situato su un’area di 3 ettari all’interno di una ex cava abbandonata nel Comune di Viddalba, era un’iniziativa locale senza scopo di lucro, promossa da imprenditori, amministrazioni comunali e cittadini.
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L’ingegnere Alessandro Canu, responsabile del permitting per il progetto, conferma che l’incendio è divampato verso le 2:30 di notte: nonostante l’illuminazione notturna e le telecamere predisposte, gli autori sono riusciti a compiere il gesto.
Vaielettrico Oltre al danno materiale, la distruzione dell’impianto rappresenta una ferita per il tessuto locale: non solo per le imprese che avevano contribuito alla costruzione, ma anche per i cittadini che avrebbero beneficiato di energia prodotta sul posto, con ricadute sociali e ambientali.
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Questa comunità energetica era finanziata con fondi del PNRR e mirava, oltre che alla produzione e consumo locale di energia, a investimenti su verde pubblico e valorizzazione delle aree archeologiche, con fino al 55% degli utili destinati ad attività sociali.
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L’attentato si inserisce in un più ampio clima di ostilità verso le energie rinnovabili in Sardegna: critiche, disinformazione, opposizioni locali sono ormai diventati frequenti, rendendo difficile il percorso per iniziative come questa.
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Eventi come questo impongono una riflessione sul rischio legato non solo agli aspetti tecnici e normativi, ma anche alla sicurezza fisica degli impianti rinnovabili.
È fondamentale coinvolgere le comunità locali nella progettazione e gestione: trasparenza, informazione, partecipazione possono ridurre opposizione e resistenze.
La resilienza energetica non è soltanto una questione di fonti e tecnologie, ma anche di tutela, consapevolezza e tutela civile.